Storie vecchie e nuove della mela di Cupertino, a cura di Nicola D’Agostino

Il design tutto in economia del PowerBook 5300

Presentato alla fine dell’estate del 1995, il PowerBook 5300 era il risultato di “solo” un anno di progettazione e frutto dell’esperienza fatta con il precedente innovativo modello 500.
Opera del designer Masamichi Udagawa, che ha realizzato anche la ridottissima stampante portatile StyleWriter 2200, le sue forme furono ideate e concretizzate in un lasso di tempo estremamente breve, tra il gennaio e il giugno 1993 e sono un esempio di come l’Industrial Design Group di Apple sia stato in grado di sposare forma e contenuto, coniugando la sua ricerca estetica con limitazioni ed esigenze commerciali.

PowerBook 190 - 5300Il PowerBook 5300, noto con i nomi in codice Anvil ed M2 gode di alcuni primati, tra cui quello di montare un processore 603e (con frequenze da 100 a 117 Mhz) e di essere quindi il primo PowerBook con la scritta (e la potenza) PowerPC. Ancora più rilevante fu la richiesta, fatta dal responsabile del marketing Dave Rotschild, che il 5300 fosse il portatile più piccolo disponibile sul mercato all’epoca ed al tempo stesso quello più completo e ricco di funzionalità, che ereditava dalla serie 500, presentata l’anno prima, un pratico sistema di moduli di espansione per batterie, lettori e dischi.

Il risultato sono i 29,2 cm di larghezza per 21,6 cm di profondità e 5,6 cm di altezza e numerosi piccoli ma sapienti dettagli come i piedini rientranti o le due righe quasi impercettibili sulla superficie del monitor che concorrono a rendere o perlomeno far apparire il 5300, ed il meno potente PowerBook 190, estremamente sottile e poco voluminoso.

Come si legge in “Apple Design” Udagawa fece un uso sapiente del tempo e delle risorse a sua disposizione: armato della consapevolezza che il sistema di CAD usato all’epoca per la progettazione aveva problemi con alcune forme geometriche optò per altre che erano esteticamente simili ma molto più rapide da elaborare, con eterna gratitudine anche dell’operatore Ken Provost.

Ogni spazio residuo venne sfruttato al meglio, ritagliando un posticino anche per il “design puro”: dopo aver misurato il progetto finito, Udagawa scoprì infatti di avere ancora un millimetro a disposizione su ogni lato, subito impiegato con un solco che corre attorno ai lati del case e del monitor, e rappresenta probabilmente uno dei pochissimi elementi squisitamente decorativi del PowerBook 5300.

Immagine tratta da Wikipedia.

4 Comments
  1. Mr

    Diciamola tutta: il 5300 e il 190 erano due autentiche zozzerie: la scocca era praticamente tenuta insieme da due viti poste sotto la tastiera e che univano i due gusci con la tastiera in un unico assemblaggio; quando la plastica, troppo morbida, si spaccava (e succedeva in continuazione) la macchina si apriva a libretto. Per queste macchine fu creato un programma speciale di riparazione (venivano inviate in Olanda e tornavano dopo un mesetto, se andava bene). Il 5300, fra l’altro, aveva rispetto al 190 un difettuccio aggiuntivo: scaldava come un forno a microonde senza termostato… Garantisco che in queste condizioni la genialità dei piedini estraibili non era molto apprezzata

  2. Interessante: ero a conoscenza dei problemi alla batteria del 5300 (ma non del 190 che usava una tecnologia più vecchia poi adottata come ripiego anche sul fratello maggiore). Dei problemi alla scocca non sapevo nulla e gli esemplari che ho sembrano in buone condizioni. Possibile che la fragilità derivasse proprio dall’economia e dalle scorciatoie in fase di progettazione?

    nda

    p.s. Chiedo gentilmente di lasciare sempre un indirizzo valido per i contatti, grazie.

  3. mr

    Sì, possibilissimo: le due macchine, nonostante i dettagli “alla Apple” (tra cui i famosi piedini) erano costruite in maniera abbastanza spartana: in quel periodo lavoravo presso un centro assistenza autorizzato e ne ho viste parecchie messe male (il problema delle batterie lo avevo rimosso :-) ). Per quanto riguarda gli esemplari in tuo possesso, tieni conto del fatto che le macchine riparate in Olanda sono moltissime (non so se le tue sono state acquistate “usate”) e che poi, ovviamente, le stesse modifiche costruttive sono state applicate ai nuovi esemplari. La verità, secondo me, è che Apple, soprattutto in quel periodo, non era certo un’azienda con un forte know-how nella progettazione di hardware “economico”: qualche anno più avanti avresti potuto trovare gioielli come i G3 B&W, con l’apertura a libretto, e orrori come il 4400, che una volta aperto era quasi impossibile da richiudere senza lasciarci un paio di dita…

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