Storie vecchie e nuove della mela di Cupertino, a cura di Nicola D’Agostino

il Mac IIcx: il desktop compatto e versatile

Nel marzo 1989 Apple lanciò il Mac IIcx, il suo secondo Macintosh desktop senza monitor incorporato, e intraprese una nuova direzione dopo lo slancio verso la massima espandibilità perseguito da Jean Louis Gassèe con il Mac II.

Il case del Mac IIcx/ciNoto anche con i nomi in codice Aurora, Cobra e Atlantic, il IIcx era sostanzialmente una versione compatta del Mac IIx (la “c” in “cx” stava proprio a indicare “compact”) con spazio per “solo” tre slot di espansione NuBus a fronte di un risparmio sensibile sulla scrivania. L’altezza e la profondità erano sempre di 14 e 36,6 cm, ma la larghezza era stata ridotta da 47,5 a 30 cm.

L’idea di Apple era quella di offrire un’alternativa al modello di punta, una nuova linea che per aspetto, caratteristiche e prezzo si rivolgesse a un pubblico diverso e dalle esigenze più modeste.

Il Mac IIcx era infatti pensato come un Macintosh di potenza media per l’utenza aziendale: si rivelò un successo ben oltre le aspettative, in particolare presso i grafici, che lo preferirono al più ingombrante e costoso IIx.
Del resto, con un Motorola MC68030 a 16 MHz e la possibilità di montare fino a 128 MB di memoria Ram, la potenza bruta era identica, a fronte di una spesa sensibilmente più bassa. Il costo era di poco inferiore ai 5400 dollari (che in Italia divennero 9’450’000 Lire, Iva esclusa) invece dei 7800 del IIx.

Sei mesi dopo, nel settembre 1989, Apple fece tesoro della lezione e riutilizzò lo stesso case per il Mac IIci, che aveva un processore ancora più veloce e un’uscita video a colori incorporata e che quindi non occupava un slot con una scheda dedicata. E alla fine del 1991, ruotato di 90°, il case del IIcx accolse tutta la potenza del processore 68040: con il nome di Quadra 700 divenne un punto di contatto tra i desktop e i tower di casa Apple, lanciati proprio in quel periodo con l’accoppiata Quadra 700/900.

A livello di design il merito è da ascrivere perlopiù a Gavin Ivester, giovanissimo progettista già in forze all’azienda di Cupertino ma che all’epoca non aveva ancora ottenuto il diploma in design industriale. Ciò nonostante, per volontà di Jean Louis Gassèe, Ivester lavorò in eccezione all’accordo che c’era con il prestigioso studio frogdesign, voluto da Jobs ma sempre meno ispirato.
Nella seconda metà degli anni Novanta Ivester avrebbe firmato tra le altre cose il look del Portable (1988-89), della Personal LaserWriter (1989) e anche l’ambizioso sistema portatile-desktop del PowerBook Duo (1991).

Per il Mac IIcx Ivester fu attento a mantenere un senso di continuità con il lavoro di frogdesign. Riprese gli elementi caratterizzanti dell’aspetto del Mac SE, le linee parallele parte dello stile “Snow White”, che vennero posti sul davanti e sulla superficie superiore, ma semplificò altri aspetti. Il risultato fu un case estremamente pulito ed elegante, e internamente spazioso che venne adottato più volte. Insieme al Mac II, il IIcx consolidò una pratica tuttora in corso presso Apple, quella di riutilizzare lo stesso involucro per più modelli di Macintosh, a prescindere dai mutamenti dell’hardware.

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Nota: la foto del case è tratta dall’archivio di Storie di Apple.

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