Storie vecchie e nuove della mela di Cupertino, a cura di Nicola D’Agostino

L’Apple III, Steve Jobs e Jerry Manock

Il primo computer di Apple pensato per le aziende, il primo non progettato da Steve Wozniak. E il primo, grande insuccesso di Apple.

L’Apple III è passato alla storia come un costoso ed imbarazzante disastro. Ha incrinato l’immagine dell’azienda e le ha fatto perdere buona parte del vantaggio strategico sul mercato accumulato con l’Apple II.

Annunciato nel maggio 1981 ma reso effettivamente disponibile solo diversi mesi più tardi, l’Apple III venne proposto a cifre che oscillavano tra i 4000 e i 7000 dollari in base alla configurazione. Era basato sullo stesso microprocessore dell’Apple II, con cui era parzialmente compatibile (e sottolineamo il parzialmente), ma aveva una frequenza di clock raddoppiata. Era dotato di fabbrica di più memoria RAM, di una risoluzione maggiore, di una unità a dischi nonché di una tastiera molto più completa di quella del II, con maiuscole, minuscole e un tastierino numerico.

Apple III in una immagine promozionale di Apple

La versione dei fatti più diffusa, ma sbagliata, vuole che l’Apple III sia stato un insuccesso perché Steve Jobs impose la sua visione in quanto a forma e dimensioni dell’involucro. Soprattutto Jobs vietò l’uso di ventole di raffreddamento, scelta che causò surriscaldamenti e malfunzionamenti tali che Apple dovette consigliare agli utenti improbabili manovre per rendere di nuovo operativo il computer, e finì comunque per sostituirne 14’000 esemplari.

È indubbio che l’hardware dell’Apple III avesse dei problemi gravi, ma nel 2007 Jerry Manock, il designer industriale responsabile del case dell’Apple III (e di quello di tutti i primi computer Apple), ha smentito definitivamente la versione di cui sopra, spesso usata per rafforzare il mito di uno Steve Jobs geniale ma bizzoso e testardo.

La verità è che Apple, per realizzare la scheda logica del computer, adottò un nuovo procedimento che all’epoca non era maturo, con tracce sottili e ravvicinate e saldature che facevano contatti imprevisti.

Il problema venne definitivamente risolto nel dicembre del 1983, quando Apple lanciò una versione “Plus” del computer con una circuiteria riprogettata. Ma era troppo tardi: l’Apple III si era ormai guadagnato la fama di computer inaffidabile. Nell’aprile seguente venne ritirato, dopo aver venduto complessivamente solo 120’000 esemplari (comunque il doppio del Lisa, altra clamorosa debacle dell’azienda di Cupertino).

L’Apple III fu un insuccesso perché indubbiamente progettato e realizzato male, ma buona parte dei problemi derivavano dal fatto che fu anzitutto pensato male come prodotto da Jobs e dalla dirigenza Apple.

Costoso e poco competitivo, l’Apple III soffrì per la sua compatibilità solo parziale con il parco software dell’Apple II, artificiosamente limitata per evitare concorrenza. I programmi utilizzabili erano i più vecchi ed elementari, e per sfruttare le caratteristiche potenziate sarebbe stato necessario software apposito, di cui ne venne realizzato pochissimo. Da non sottovalutare infine un altro aspetto legato ai tempi. Anche se avanzato, l’Apple III era un computer a “soli” 8 bit, laddove nello stesso periodo (il PC di IBM è dell’agosto 1981) il resto del mercato professionale si stava già spostando verso i 16 bit, se non addirittura verso i 32.

Nota: l’immagine è tratta da una brochure pubblicitaria dell’epoca ed è “courtesy of Apple”.

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