Il computer nello schermo
Alla fine dell’agosto 2004, Apple presentò il nuovo iMac G5. Philip Schiller, Vicepresidente del Worldwide Product Marketing dell’azienda, disse che tanta gente si sarebbe chiesta “Dov’è andato a finire il computer?”.
Il nuovo iMac era un capolavoro di miniaturizzazione tecnologica. L’intero sistema, schermo compreso, era spesso solo 5 cm, e non solo nascondeva l’unità centrale dalla vista dell’utente, ma nel pochissimo spazio a disposizione concentrava più potenza della precedente generazione di iMac.
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Il lungo addio di Apple al tubo catodico
Nel maggio del 2001 Apple annunciò l’intenzione di diventare il primo rivenditore di computer a “passare ad una linea di monitor professionali interamente composta da schermi piatti LCD“.
In quella data, l’azienda californiana dismise il suo ultimo monitor esterno a tubo catodico, l’Apple Studio Display 17″ CRT (Cathode Ray Tube), lanciato meno di un anno prima, nel luglio del 2000, e lo rimpiazzò con lo Studio Display 17″ LCD. Il nuovo schermo, offerto negli Stati Uniti a un prezzo molto competitivo di 999 dollari, si posizionò tra due modelli che già usavano i cristalli liquidi. Come top di gamma c’era l’Apple Cinema Display da 22 pollici che costava 2499 dollari mentre all’altro estremo c’era l’Apple Studio Display 15″ LCD, venduto a 599 dollari e rinnovato nell’aspetto, reso simile a quello degli altri due modelli grazie all’adozione dello stesso design.
Il tono del comunicato stampa sembra suggerire che Apple avesse completato la transizione verso gli schermi a cristalli liquidi abbandonando in toto la vecchia e poco efficiente tecnologia CRT. La verità era ben diversa: nel 2001 a Infinite Loop si era ancora lontani da questo obiettivo e occorsero diversi anni affinché tutti i prodotti Macintosh si affrancassero dal tubo catodico.
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Il computer invisibile
L’iMac G5 fu lanciato il 31 agosto 2004 con lo slogan “Dov’è finito il mio computer?”.
Proposto in due versioni con schermo da 17 o 20 pollici, il nuovo iMac era dotato a sorpresa del potente processore a 64 bit G5 sino ad allora esclusiva dei desktop professionali ma rappresentava per molti versi un ritorno alla filosofia minimalista “all-in-one” del primo Internet Macintosh dopo la parentesi ricercata dell’iMac G4 a forma di lampada.
Il design, attribuito come prassi al solo Jonathan Ive, inglobava tutta la circuiteria e gli elementi all’interno dello schermo, dello spessore di meno di cinque centimetri, facendo di fatto scomparire l’unita centrale, il “computer”.
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